sabato 14 aprile 2012

Dentro alle tue vene

Pomeriggio strano …
Io a meditare
Lui a risistemare armadi
Qualcosa sembrava essersi messo tra noi … si avvertiva a pelle, cerebralmente,
nessuna parola fuori posto ma una minuscola punta di malinconia e timori oltraggiava
chi ci eravamo sentiti sino al giorno prima – il treno sembrava aver rallentato la
corsa per un tempo più o meno lungo, aveva persino dato l’impressione che da
un momento all’altro si sarebbe fermato.
Necessità di respirare, di saltare, di fottercene di tutto e di riscaldarci – bisogno
di non sparire ma perdersi di non voler sapere dove saremmo arrivati ma di partire …
Sguardi che si fottono, anime che si fondono e le mani smettono di stare al proprio
posto il respiro accellera nelle parole, i pensieri corrono così veloci da allontanarsi
dai corpi e mi ritrovo con le sue mani sui miei fianchi, con dita che affondano
nella mia carne – con lui che struscia contro il mio desiderio, che cerca calore
e umidità – che continua a seguire la voglia nel mio sguardo e mi offre il suo
desiderio dentro ai suoi.
Potremo fotterci solo guardandoci negli occhi
Prenderci senza nemmeno sfiorarci.
Potrei godere mentre come un lupo morde il mio collo
Mentre tira i miei capelli a lui ricordandomi che sono femmina
La sua!
La sua carne a tratti allenta dentro la mia, altre volte colpisce sino in fondo quasi
a temere di lasciar qualcosa in sospeso ed io ho bisogno di scivolargli addosso …
di scendere sulla sua erezione, leccando cicatrici e vene, passando dall’anima al
cuore e dal cuore alla pelle …
E nel farmi scopare la bocca, lo scopo.
E nel vedere l’animale riconosco che ci siamo riconosciuti forse da sempre.
E mi piace che mi guida la testa che entra in gola senza il pensiero di soffocarmi.
E se mai avesse scordato per un attimo le sue dolcezze nel fondo scala del suo
io ne sarei contenta da poterci godere immediatamente … e non sono una femmina
che si fa usare, ma sono una che deve affondare, appartenere o prendo il
sopravvento e domino …
Non me lo permette …
Lo sento, lo so … non ora, non adesso
La sua lingua disegna tratti su un corpo che se è nudo o velato mica lo saprei dire,
raggiunge i miei peli trovandomi di lui indecente, insaziabile e ricolma di quelle
sensazioni che solo le emozioni forti san dare
Le mie dita tra i suoi capelli … le mie dita tra le nostre voglie, le sue dentro ad
una bocca che non si stanca di cercarlo, con una lingua impazzita che lo lecca,
con labbra che lo succhiano
Gesti confusi, sincronizzati - dove foga e passione fottono il cervello, il corpo
e mandano in tilt i sensi, dove il piacere si arresta solo per paura che tutto finisca,
quasi a temere che tutto svanisca come un sogno
Scopami !
Scopami !
Mordimi!
Voglio sorseggiarti … Voglio assaggiarti. Voglio noi
Voglio te nudo senza ricordi. Voglio me svestita di ogni passato
… ed è vero che voglio non esiste nemmeno nei giardini del RE
Ma noi siamo altrove, siamo semplicemente noi.
Istintivi come animali,
dolci come fanciulli,
insaziabili come chi è stato privato a lungo di qualcosa,
ingordi come chi sa che nulla va tralasciato o è perso,
paurosi come chi non conosce,
incoscienti come chi non scappa,
Godimi addosso mentre ti vengo dentro,
ungi i meccanismi del mio cuore mentre assesto quelli del tuo!
Vieni … vienimi a prendere e in quel venire verrò ...
Il piacere si intreccia, si mescola al suo.
Unisce … incolla
e allora mi trovo al tuo fianco, sotto una coperta di stelle
con il camino dei corpi che arde.
tu tum
tu tum
tu tum
Lo sai vero? certo che lo sai ... siamo vivi!

Scritto da AnimadellaLUpa


Mistero della Fede



NOTA: Mi sono divertita a scriverlo da uomo ed ho pure non contenta affrontato
un tema che può infastidire i più credenti. Visto però che un buon fedele non
dovrebbe nemmeno leggere i racconti erotici, mi sono detta: "per una volta
"facciamolo strano"" AnimadellaLupa


Andavo in Chiesa ogni domenica per salvaguardare il quieto vivere in casa,

la mia presenza in quel luogo sacro non mi faceva sentire un bravo fedele,

però mi evitavo le tiritere a pranzo sia di mia madre che mia moglie e vi assicuro

che non è cosa da poco per uno che lavora dal lunedì al sabato come un matto e

ha solo la domenica da viversi in pace, anzi santa pace. Mi veniva difficile ascoltare

il parroco e cercavo di guardarmi il meno possibile attorno per evitare che si

notasse il mio non esserne convinto. La notte di Natale però mi trovai a notare

una signora di quasi 50 anni a me poco distante. Era accurata sia nel vestiario

che nel trucco e continuò a pregare in continuazione, inginocchiandosi e alzandosi

per tutta la funzione e specialmente senza mai guardarsi attorno. Da quella volta,

ogni domenica la cercavo tra la gente e facevo in modo di sedermi dove mi era possile

vederla bene. Di lei non sapevo nulla, non l'avevo mai incontrata in giro e finita la

Messa sembrava svanire nel nulla. Quel suo essere misteriosa e devota aveva creato

in me un pensiero sempre più intrigato e senza nemmeno accorgermene una volta

arrivai a desiderarla sessualmente mentre la osservavo in fila per l'ostia.

Chiesi scusa a nostro Signore, evidentemente il Diavolo aveva avuto su di me la

meglio, mi ripromisi pure di aver smesso di sedermi vicino a lei se fosse ricaduto, ma

la presenza della donna era diventata per me l'unica buona ragione per entrare in

quel luogo. Tra me e me l'avevo chiamata Maddalena, non perchè credessi fosse una

prostituta, ma perchè la sua presenza mi induceva puntualmente a peccare con la

fantasia. Sentivo fosse divenuta quasi come una ossessione e così decisi di

confessarmi e dire a Don Valerio cosa da più di un mese mi succedeva. Non vi dico

quel che mi disse, ma ve lo lascio immaginare. Pensai che dicendo cosa mi accadeva,

mi sarebbe stato d'aiuto per non cedere più alla solita tentazione, ma nemmeno

l'idea i essere guardato dal prete ogni tanto riusciva a bloccare i miei desideri più

sconci. Decisi a quel punto che dovevo far di tutto per incontrarla e che per un po'

sarebbe stato meglio litigare a pranzo ma non presentarmi più in Chiesa.

Dopo diverse volte, finalmente riuscì a capire dove abitava e da quel momento

cercai di frequentare i negozi lì vicino nella speranza di incontrarla e poter attaccare

bottone. Ogni tanto ero riuscito ad incontrarla in tabaccheria, ma era così schiva

che trovare come attaccare bottone non era facile per niente. Mi stavo quasi

demoralizzando, quando un pomeriggio la vidi al parco con il suo pastore tedesco.

Perfetto! pure io ne avevo uno ... mi avvicinai al cane e iniziai ad accarezzarlo dicendo

che era simile al mio, lo era davvero del resto. Da quel pomeriggio ogni giorno pure

io andavo al parco con Kira ed era quasi diventato normale fermarmi a parlare con

Maddalena mentre i nostri cani giocavano a rincorrersi. Qualche volta l'avevo pure

accompagnata a casa con la scusa che volevo ancora girare e finalmente una sera

mi invitò a salire per farmi vedere le fotografie di quando Devil il suo pastore era

cucciolo. Non me lo feci sfuggire a quel punto, domandai sfacciatamente come mai

avesse chiamato Devil il suo cane essendo una molto devota. "forse ho cose da

farmi perdonare e la mia devozione è in realtà altro" mi disse quasi ridendo.

Rimasi a guardarla qualche secondo senza riuscire a dire nulla, non mi aspettavo di

certo una risposta simile - avrei pure voluto chiedere cosa doveva farsi perdonare,

ma trovai troppo azzardata la domanda e continuai a sfogliare le foto che mi passava.

E tu perchè vai in Chiesa? Dissi la verità, non mi andava di sembrare un buon

fedele, ero semplicemente uno che credeva, ma che sceglieva di non subire

le prediche bigotte da sua madre o moglie. "Eperchè non vieni più da un paio di

mesi?" Non avrei mai pensato mi avesse notato, avrei potuto dire qualsiasi cosa,

ma anche in quel caso trovai giusto essere sincero e spiegai che il motivo era lei.

"Non avrai mica comprato Kira per conoscermi ..." disse sfottendomi.

La conversazione a quel punto aveva sciolto in noi ogni pudore, lei era più

disinvolta ed io meno impacciato finalmente. A quel punto chiesi cosa doveva

farsi perdonare e mi raccontò che era stata la donna di uno sposato e che finalmente

era riuscita a chiudere la loro storia e si sentiva migliore. Automaticamente pensai

che i miei sogni non avevano più speranze. Mentre però mi passava l'ultima foto

di Devil da piccolo, mi disse che però qualcosa le diceva che di restare o sentirsi

migliore evidentemente non era da lei. Non avevo dubbi, stava parlando di noi,

sfiorai il suo viso con una carezza e subito dopo mi ritrovai a baciarla senza nemmeno

avere il tempo di capire cosa stava accadendo, poco dopo eravamo semi nudi sul

divano del suo salone, pieni di passione, persi a toccarci e baciarci. Nom mi

interessava se era tardi, se mia moglie stava iniziando a chimarmi di tanto in tanto

per sapere quando rientravo, stavo bene e lì volevo restare. Impazzivo solo

nel guardarla muoversi e ripescavo nella memoria tutte le scene che mi ero fatto

durante le ore vissute insieme in Chiesa, pensare poi che era lì perchè peccava,

mi eccitava il doppio e ancor di più sapere che la domenica dopo sarebbe stata lì

per noi mi faceva andare giù di testa. Era oramai tardi, dovevo andare anche se

avrei fatto ancora all'amore con lei per altrettante ore, ma dal momento che uscì

da casa sua non feci altro che immaginarla inginocchiata davanti all'altare e sapere

che era lì a questo punto a chiedere a Dio non so cosa. Domenica pomeriggio

non riuscì a fare la solita pennichella sul divano, presi Kira e con la scusa di portarla

al parco uscì di casa poco prima delle quindici, nemmeno chiese chi era che suonava

alla porta, si fece trovare nuda sotto la vestaglia e rimase quando dopo

averla baciata intensamente la feci girare ed inginocchiare nuda davanti al suo letto.

"voglio sentirti pregare mia Maddalena! Desidero sentirti supplicare"

non se lo fece ripetere, iniziò a dire alzando gli occhi al cielo che non riusciva

a rinunciare al piacere della carne, che la sua carne ardeva e fremeva e che da due

mesi ogni notte si toccava al pensiero che un uomo in chiesa la stava guardando

e che in certi momenti era persino certa che la stesse desiderando. A quel punto

non riuscì a trattenermi, mi inginocchiai dietro di lei, la chinai maggioremente

in avanti e senza troppi preliminari presi a possederla dove la Chiesa dice sia

contronatura, nulla di quanto stavamo facendo era approvato dalla Fede, ma forse

di fedeli come noi ce ne erano tanti, alcuni forse solo con il pensiero, altri convinti di

esser ripuliti dopo aver fatto la confessione, qualcuno forse era persino peggiore,

ma a noi far sesso e l'amore così piaceva e non sapevamo rinunciarvi. Lei nel

frattempo continuò a frequentare la parrocchia, io non riuscì più ad entrarci per

molto tempo e approfittai delle liti per la mia assenza per uscirmene di casa e correre

da lei. Per tanto tempo mi domandai pure Don Valerio cosa avrebbe detto se

mai avesse saputo di noi e pensai pure che per Pasqua sarei andato a confessarmi

non tanto perchè volevo pentirmi, ma perchè volevo esser sincero davanti a Dio

e dirgli che ero felice pur se non esemplare, giocando dissi a Maddalena che non

osavo pensare a cosa mi avrebbe detto, mi lasciò senza parole dicendomi che

l'uomo sposato che aveva lasciato era il nostro Don e lo aveva fatto perchè si

era accorta di me. Chissà, forse non eravamo allora poi così peccatori come ci

sentivamo, o forse lo eravamo ma non di più di chi la predica la fa solo perchè

oltre al mistero della Fede è consapevole che anche il mistero del basta che non

si sappia resta tra gli enigmi più quotati di tutti i figli del Signore e non.

Scritto da AnimadellaLupa

Juste Pour L'Amour - "Gelosia" [racconto a puntate]



Marcel mi rivoluzionò l'esistenza

con lui imparai ad amare

a baciare,

accarezzare,

godere

e persino cosa fosse la gelosia,

non mi ero mai sentita di nessuno

sino ad allora ...

non avevo mai provato cosa

significasse sentir dentro

la paura che qualcuno potesse andarsene

e sapevo che quel vuoto che avevo da sempre dentro

solo lui lo avrebbe colmato veramente.

Diventammo presto un folle amore

e di quella follia ogni giorno e notte

ne fummo travolti ...

lo controllavo in continuazione

se usciva come una pazza continuavo ad aspettarlo dietro

la persiana, versando fiumi di lacrime

giurando che lo avrei cacciato appena sarebbe rientrato

ma poi una volta in camera

una volta finita la tempesta

puntualmente mi ritrovavo tra le sue braccia

a baciarlo, ad amarlo.

ogni volta che mi diceva che era andato

con altre, sfasciavo ogni cosa, lo prendendolo a schiaffi

per la rabbia che mi procurava il

solo immaginarlo ad accarezzare con la sua calda voce

un'altra - puntualmente quando furiosa e furibonda

lo pensavo tra le gambe

di un'altra lui mi sorrideva accendosi una sigaretta

e mi sorrideva rassicurandomi, poi

scostandomi i capelli dal viso mi baciava sino a

quando non gli dicevo "bastardo ti amo!" e lo baciavo.

... odiavo quella sua sicurezza

ma puntualmente

cedevo alle sue parole lasciandomi andare

e fottendo come solo noi sapevamo fare.

Qualcuno diceva che era un amore maledetto il nostro

ma solo io e Marcel sapevamo quanto ci amavamo

lui aveva bisogno di tradirmi per saperlo

io di vederlo tornare.

>>>

Scritto da AnimadellaLupa

Juste Pour L'Amour - "Marcel e l'amore" [racconto a puntate]



Giocava a dadi per poter stare con me,

e non so cosa facesse per vincere ma spesso me lo ritrovavo

in camera con un sorriso che arrivava alle orecchie e facendomi segno

con le dita per quanti giorni mi aveva tutta per sè.

Non era il primo cliente che si era legato a me, ma di certo il primo che pagava

senza toccarmi, con me parlava ore ed ore sino ad addormentarsi sulla mia

pancia, poi sul terrazzo mangiavamo insieme e di nuovo a parlare di mille cose,

sin che una notte svegliandosi mi trovò

con miou miou in braccio davanti alla finestra che piangevo a dirotto, non poteva

sapere perchè, ma mi accorsi mentre raccontavo a lui di quando vidi mia madre

morire che l'espressione del suo viso era cambiata a tal punto da sembrare

quasi un'altra persona, si avvicinò abbracciandomi, chiedendo di smetterla

e mentre mi accarezzava i capelli mise il mio viso sulla sua spalla, aspettando

di sentirmi tranquilizzare. Mi ci volle un po', ma quando allontanai il viso dalla sua

camicia zuppa di mie lacrime, le sue labbra si posarono sulle mie quasi

come una promessa. Non potevamo baciare i clienti, i baci erano riservati

ai nostri uomini si diceva da sempre e forse proprio per quello misi le braccia

attorno al collo e presi a baciarlo. Non sapevo baciare, divertente no?!

facevo tutto con gli uomini, tranne che godere e baciarli e quando la sua

lingua sfiorò la mia bocca rimasi quasi come paralizzata e incredula.

Ci spogliammo lenti, facemmo l'amore per ore arrotolandoci ovunque, baciandoci

continuamente e nel farlo mi accorsi

che mai avevo toccato un uomo così, nemmeno sapevo che lo stavo accarezzando

ma comprendevo che nemmeno lui del resto aveva mai ricevuto le attenzioni

mie con amore sino ad ora.

era ormai ora giunta l'ora di salutarci ed io mi chiedevo quando avrebbe rivinto

ai dadi pur di riaverlo tra le mie braccia, continuammo ad amarci per oltre un anno

così, sin che un giorno affrontai la Grande Madre.


"Lavorerò per meno soldi e più ore ma vi prego lasciate che Marcel resti con me

non nelle vesti di un cliente!"

Dopo poche ore ero nella sua stanza a definirne gli accordi e da quella notte

Marcel rimse sempre al mio fianco.

Lavoravo ore su ore, accontentandomi di molto meno di quanto prendevano

le altre, quel che contava era che nulla potesse più separarci se non la nostra

decisione, lui usciva e rientrava dalla camera quando voleva e spesso

rimaneva dietro al tendone rosso a guardarmi mentre scopamo con gli altri,

non era facile all'inizio, mi vergognavo come una ladra, ogni volta

dopo aver chiuso la porta dicevo che non potevamo continuare così, che

mi vergognavo essere guardata, ma lui non ascoltava ragioni, mi prendeva

sbatteva sul letto e mentre mi possedeva continuava a ripetermi

tanto lo so che sei solo mia, ti vedo su questo letto, ti ascolto mugolare, sento

cosa ti dicono, quel che pretendono, non dici mai no pur di non perderli

e di rischiare che mi butti fuori la grande madre, ma poi quando sei con me

sei tu, sento che la voglia di me è dentro ad ogni poro, il bisogno della

tua lingua intrecciarsi tra la mia, la tua bocca sul mio pene scorre come note

musicali e affamata fai tuo il mio seme come mai faresti con altri, mi ripeteva

questo in mille modi diversi, mi diceva in diverse maniere che sapeva e sentiva

che amavo solo lui. Mi basta parlarti per farti godere, se solo ti sfioro

sento le mani ricolme della tua voglia, il tono dei tui orgasmi è libero, caldo

e nel dirmi che godevo solo della sua verga mi veniva addosso dentro facendomi

godere sia con il corpo, che con il cuore ma anche con la mente. Marcel era tutto

era il mio passato, presente e futuro, ero sua e questo mi bastava per dire

appena bussavano alla porta "Due minuti e poi fallo salire"

lui tornava dietro la tenda, io mi preparavo ed incipriavo il naso ...

il cliente entrava ed io fingevo di amarlo e in quel fingere osservavo la tenda

e amavo chi era là dietro ogni volta di più.

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Scritto da AnimadellaLupa

Juste Pour L'Amour - "L'arrivo di Marcel" [racconto a puntate]



Monsiur Dupont ogni sera passava come impazzito dalla casa e

domandargli cho volesse era assurdo, mi raggiungeva in camera e ogni

volta pretendeva di fare giochi nuovi, imparai presto quello che c'era da

saperee spesso mentre accompagnavo il cliente alla porta mi sentivo dire

"che avevpo superato mia madre non solo in bellezza" - sapevo cosa era

il sesso ma mai avevo avuto piacere di conoscere il bacio sulla bocca, mai

avevo fatto all'amore con un uomo o dormito con lui ed avevo finito

per pensare che mai mi sarebbe successo visti che ormai erano diversi

anni che la cosa proseguiva solo così. Tutto era tremendamente sempre

uguale e chi mai avrebbe potuto cambiare qualcosa mi chiedevo,

sin che la notte di ferragosto arrivarono due uomini alticci quanto basta

per far persino fatica a salire le scale per raggiungere la stanza.

Chi mi aveva scelta si addormentò appoggiandosi

al letto ed io divertita me ne stavo a guardarlo mentre gesticolava

e farrfugliava qualcosa di inconprenibile, poi ad un tratto si alzò e lo

vidi sparire nel nulla lasciando quanto patuito alla Grande Madre,

non mi era mai capitato che mi pagassero per vederli dormire,

ma in lui c'era altro, sembrava quasi io lo conoscessi da sempre,

ma che senso aveva pensarci ancora dietro,

molto probabilmente nememno lo avrei rivisto mai più.

Tutto mi sarei quind mai aspettato, tranne che vederlo seduto vicino

al portone con dei fiori, ancor meno che li avesse presi per me,

pagò una cifra folle per stare con me due giorni interi e ancora una

volta mi pagò senza toccarmi,

mi raccontò che aveva vinto una cifra incredibile giocando a dadi con

un conte di Lione e che uscendo dalla bisca si era detto che li avrebbe

consumati tutti con me.

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Scritto da AnimadellaLupa

Juste Pour L'Amour - "Il mio primo cliente" [racconto a puntate]



Le amiche di mia madre si presero curà di me

per diversi anni e per quantomi volessero bene,

tutte erano consapevoli che avrei finito per

diventare una di loro. Il tempo non potevano fermarlo

sul mio corpo e quando diventai signorina

la Grande Madre mi raggiunse in camera spiegandomi

cosa dovevo fare con le pezze di lino bianco che mi stava

consegnando come se fosse una dote.

Una volta terminati i giorni delle "grandi piogge"

mi fece chiamare e senza troppo girarci attorno mi spiegò

che era giunto il momento di fare qualcosa per

ripagare tutte loro di anni di sacrifici.

Pensai ingenuamente mi proponesse di lavare panni e piatti,

di occuparmi della

pulizia delle camere e della cucina, ma per quelle cose

continuò ad occuparsene Elvira la zoppa, per me la grande Madre

aveva altri progetti e vista la giovane età e illibatezza

pensò bene di propormi ad uno dei più ricchi del paese.

Monsieur Dupont.

Era vecchio, grasso eppure ogni volta che arrivava alla casa

tutte facevano a gara per essere scelte, non mi era difficile capire

il perchè ma accettarlo per quanto era viscido mi era impossibile,

non l'avevo mai digerito e quindi mai e poi mai avrei creduto di dover

donare a lui la mia verginità.

La Grande Madre mi raggiunse terminati i giorni del mestruo

in camera, a suo parere quelle quattro mura erano diventate

troppo strette per me, che mi comunicò che era ora cambiassi

di stanza - pregò Elvira di portare tutte le mie cose nella camera che

una volta morta mia madre era sempre rimasta chiusa.

Mi fece uno strano effetto entrarci e mi domandai perchè mia madre, non

m'avesse mai permesso di accedervi.

Se non fosse stato per i quadri

con donne denudate che avava sulle pareti era una stanza

come tutte del resto. Elvira mi comunicò nell'allontanarsi

che da quel momento il mio nome sarebbe stato Lula e che avrei dovuto

dimenticare quello vero per sempre. Certo che erano proprio tutte strane

quel giorno - percepivo negli occhi di ognuna una tristezza profonda,

e mi avrei immaginato cosaa lì a poco mi sarebbe accaduto.

Poco dopo le 21 Monsier Dupont arrivò e dopo aver parlato per

una buona mezz'oranmi venne presentato ufficilamente, mi guardò

da capo a piedi mille volte

facendomi sentire quasi nuda, complimentandosi per il nome che

avevo e sostenendo che sarei diventata bella come mia mamma

se non di più.

Mi abbracciò vedendomi piangere, illudendomi si trattasse di un gesto

affettuoso, ma quando le sue mani iniziarono a sfiorare le mie labbra,

percorrere il mio collo e scendere sino ai seni compresi che le sue

intenzioni erano altre, sapevo che non sarebbe servito a nulla ribellarmi,

che la mia sorte era stata già segnata e priva di ogni via di fuga.

"Siediti su letto con me Lula!" mi disse prendendomi per mano,

stavo per sedermi al suo fianco quando mi disse che forse era meglio

se mi sedevo sulle sue ginocchia, le sue mani intanto presero a frugarmi

sotto i diversi gonelloni, la sua bocca sembrava incollata sulla mia pelle

ed io sentivo la sua saliva come schifida bava colarmi addosso,

presto rimasi seminuda sulle sue gambe, mentre

non faceva altro che ripetermi che dovevo rilassarmi,

che non avrebbe voluto farmi del male.

Mi sdraiò sul letto allargandomi le gambe

mentre le sue dita iniziarono a toccarmi sino a farmi bagnare,

"Sarai vergine, ma buon sangue non mente!" disse ridendo e

facendomi vergognare

e nel sentirmi tirare indietro affondò il suo grosso dito dentro alla vulva

premendolo su e procurandomi un dolore indiscrivibile.

"ecco Lula, il più è fatto!" slacciò i pantaloni e senza darmi nemmeno

un secondo entrò in me con tutto il suo arnese, lo vedevo scendere

e salire su di me, lo sentivo entrare ed uscire dalla mia carne,

sin quando ad un tratto sul mio corpò

riversò un sostanzioso sputo che proveniva dal suo pene.

"raccoglila con le dita e assaggiala Lula!" mi ordinò

spiegandomi che i suoi vizi

erano molti di più e che presto sarebbe tornato pretendendo

da me tant'altro.

Appena chiuse la porta corsi sul bidet e continuai a lavarmi

insistentemente sperando l'acqua potesse togliermi da addosso

il ricordo della mia

prima volta, altro che principe azzurro, a deflorarmi era stato un

schifoso vecchio ripieno di vizi e malsana libidine.

>>>

Scritto da AnimadellaLupa

Juste Pour L'Amour - "Tale madre" [racconto a puntate]



Chiusa nel buio della mia stanza

privata,

rimanevo spesso a guardare

lo scorrere della Senna

accarezzando MIOU MIOU.

Per quando fossero trascorsi decenni

quella notte era rimasta indelebile nella mia mente

ed ogni volta la riguardavo come se fosse

stata la prima volta.

La mia infanzia non era stata tra le più facili

e spesso mi ritrovavo a chiedere di

diventare presto grande per potermene

andare lontano dall'ambiente dove ero nata.

Per me sognavo un principe disposto a ogni cosa

pur di strapparmi dalla casa d'appuntamento

dove lavorava mia madre.

Era davvero bellissima, desiderata e ricercata da

chiunque e sul mio conto se ne dicevano tante

ma che ero figlia di un Duca lo scoprì solo

dopo la sua morte .

Cosa fosse successo quella sera di preciso

non l'ho mai saputo, ricordo solo che lo sbattere

del portone mi svegliò di soprassalto e sentendo urlare

in strada mi affacciai curiosa alla finestra.

La carrozza con il Duca si allontanava veloce

mentre mia madre inginocchiata a terra

urlava piangendo "Maledetto!"

Pensai si trattasse di qualcuno che non

l'aveva voluta pagare e quando la vidi

armegggiare sotto la grande quercia

ero troppo piccola per comprendere che

stava ponendo fine ad ogni sua sofferenza,

pochi attimi dopo dondolava

sotto quell'albero

poco distante alla tomba di mio padre.

La Grande Madre suonò per tre volte

il gong del salone

e dalla porta vidi correre fuori

chiunque fosse nella casa, qualcuno

con i pantaloni ancora ai ginocchi

per il terrore di essere trovati all'arrivo dei gendarmi.

Quella notte i miei sogni più belli morirono con lei ...

>>>

Scritto da AnimadellaLupa

Juste pour l'amour - "Il risveglio" [racconto a puntate]


1760/sullaSenna.

Padrona per una notte by AnimadellaLUpa





E’ venerdì sera. Uscendo dal mio studio sto gia’ pensando che sono pronta a tutto, tranne che rincasare.
Stasera non mi va, stasera non torno.
Le mie figlie sono fuori e lui certamente sta già aspettando gli amici, per la solita notte di poker.

Faccio tutto con comodo; mangio qualcosa alla trattoria che hanno aperto da poco, a pochi isolati dal mio ufficio.
Il parcheggio è pieno, il locale stipato; tuttavia, io sono sola e quindi mi rifilano un posticino piccolo piccolo, nascosto dal classico frigo delle torte gelato.
Tutto è regolare, fin troppo, sino a quando la suoneria di un telefonino mi raggiunge.
Riconosco quella melodia, l’ho già sentita. Da chi, però?
Sbircio tra i tavoli e vedo mio cognato. E’ sua, quella suoneria.
Faccio per alzarmi, … mi accorgo appena in tempo che l’adorato cognatino non sta godendosi la compagnia di mia sorella.
La cosa non mi stupisce più di tanto. Nonostante sia mia sorella, sangue del mio sangue, l’ho sempre ritenuta una donna troppo mite; troppo docile, per come lui si propone. Aspetto quindi l’attimo nel quale lui si gira, per alzarmi, pagare il conto ed andarmene.
Vedere quella scena, però, non mi è assolutamente piaciuto, e, “Se mia sorella è una placida donna, io non lo sono affatto”, penso.

Ripercorrendo la via di casa, decido di chiamarlo. Con la sua voce al telefono, azzardo un “Disturbo?” e un “Dove sei?”
Lui dice “Non disturbi affatto, mia cara, sono ad una cena di lavoro”.
“Dev’essersi alzato in piedi”, penso, a giudicare dal silenzio assoluto attorno a lui.

Da bravo puttaniere, aggiunge “Sapessi che palle, ma sai com’è…”
“Certo, certo!”, gli do corda. “Non voglio trattenerti, volevo solo chiederti se domani mattina
vieni con me “alla soffitta”. Mi hanno chiesto di allestire il locale per la serata fetish e mi rompo , ad andarci da sola. Così mi son chiesta se…”
Neppure il tempo di finire il discorso, che già mi chiede quando vederci. Decidiamo per le 11, davanti al locale. Lo avviso che faremo tardi, probabilmente e che, alla soffitta, non c’è campo, e che il cellulare non prende.
“Non preoccuparti”, dice lui, “avviso Carla”.
Il locale, in realtà, deve essere pronto per la sera di lunedì, e solo io ho le chiavi del portone, e saranno ormai tre giorni che ci sto lavorando dentro.

Arrivo prima di lui, e lo avviso con un sms, dicendogli che non lo aspetto fuori.
Mi spoglio dei miei abiti e inizio a curare ogni mio dettaglio; indosso calze in latex nere, agganciate al reggicalze di un accattivante bustino nero intrecciato sul seno.
Le scarpe, altissime, sono rigorosamente lucide e nere
Ogni cosa ha questo colore; tutto, tranne il mio umore.
Slego i miei lunghi capelli, e mi trucco alla luce della lampada in bagno; fisso i miei occhi, riflessi dallo specchio.
Puntualissimo, lui suona. Mi affretto quindi ad abbassare le luci. La porta si apre, grazie al tiro posto sotto al bancone. Spunta in cima alla scalinata.
“Lucrezia!”
Rispondo “Scendi, sono giù. Aspettami sul palco!”
Grido, e i miei occhi lo osservano. So che ama il fetish. Lo lascio quindi salire sul palco, ad armeggiare con gli attrezzi… immagino che si stia eccitando.
Aspetto un altro po’, ma risalgo la scalinata e chiedo se può farmi da cavia.
“Cosa devo fare, dimmi?”
Mi siedo in un punto buio, e chiedo di indossare le polsiere della croce di Sant’Andrea.
Lui sorride, sembra quasi imbarazzato. Ma io so che lo vuole. Insisto; e, di certo, non fatico.
Il primo polso è agganciato. “Prova a mettere anche l’altro. Ci riesci?”
Lui risponde “E’ faticoso, ma non impossibile”. Di certo, l’eccitazione di quei momenti, lo porta a impegnarsi per agganciare anche la seconda polsiera.
“E… ed ora, spalanca le gambe, e dimmi se sei comodo. Descrivimi cosa provi”
Lui blatera qualcosa. Gli chiedo se è solito fare questo tipo di cose, o se fanno parte solo dei suoi sogni irrealizzati.
“Ma che dici?”, mi risponde ridendo.
“Perché? Vuoi forse dirmi che mia sorella non ti permette queste cose?”
“No, non è quello, ma sai…”
Io allora inizio a scendere lenta la scala. Lentissima. Non mi vede ancora; io parlo e lui mi risponde.
Mentre scendo, azzardo un “…e così, tradisci mia sorella…”

In un tono perentorio, spara un “Certo che no”.
… mi fermo; predo dalla poltrona le mie fruste e continuo a scendere la scalinata.
Da come mi guarda, deve aver capito (o quantomeno, intuito) le mie intenzioni…
Accenno ad una mezza risata, dicendo che deve star tranquillo. Salgo finalmente sul palco
e mi trovo faccia a faccia con lui. Deglutisce a fatica, mentre, con il frustino, lo accarezzo tra le gambe. “Gradisci della musica?”.
Ma nemmeno aspetto la risposta; e già una musica blues accompagna il mio gioco.


Come una pantera, giro attorno alla croce, godendomi la sua espressione di curiosità e paura.
Mi fermo dietro a lui; le mie mani tirano i capelli verso me. “Mi fai male! Sei matta? Dai, smettila!”
“Oh no, non lo sono. La matta è mia sorella, ogni volta che ti crede!”
“Scusami , ma proprio non ti capisco. Se è uno scherzo, ti dico che sta diventando di cattivo gusto!”
“Ah, si??”
Torno davanti a lui, e prendo a slacciargli la camicia. Le unghie gli solcano il collo, fino ad arrivare al petto. So che non mi importerà nulla, di ciò che mi dirà. Delle preghiere che urlerà.
Con una mano afferro decisa i suoi coglioni, chiedendogli se li ha, e vuole essere così gentile da tirarli fuori.

“Slegami, liberami!”. Io lo rassicuro, “Tranquillo, lo faro”.
Il suo sesso ormai è duro, decido così di liberarlo. Passo la frusta sulla cappella e, ogni tanto, lo schiaffeggio. Passo la mia lingua, lenta, sul collo. Mordo i bordi delle sue labbra.
“Che ne dici, vuoi essere il mio cane?”
Gli faccio indossare il collare ed il guinzaglio. Scatto qualche foto.


“Mi spieghi, perché a me?”
“Semplice. Sono la parte peggiore di mia sorella. Sono ciò che lei non avrà mai il coraggio di essere. Ricordi quante volte mi ha detto che ero il suo opposto?”
E continuo. “Ed ora dimmi: ieri dov’eri?”
Lui dice “Ad una cena di ….”
La mia mano strinse nuovamente i coglioni.
“Dove, scusa?”
“Si, devi credermi”, arrendendosi ai miei desideri.


Inizio a slacciare la prima manetta dal suo polso. Cerca di scagliarsi contro di me.
“Stronza, sei una stronza!”
Scoppio a ridere e gli ricordo che la padrona sono io, e che non sarebbe facile spiegare certe foto a quella perbenista di mia sorella.
e dico “se devo essere sincera, nemmeno la serata di lavoro che hai trascorso, guarda caso, con quelle due puttanelle”
Il mio gioco prosegue
“…ed ora inginocchiati!”. Lui capisce che non scherzo. “Anzi, sai che ti dico? Spogliati, ed indossa quel paio di pants nere. Spicciati!”
Lui dice “Ma… ! Posso spiegarti…”
“Ti ho detto, spogliati”
Veloce si toglie ogni cosa, e lo ritrovo come il migliore dei cagnolini ai miei piedi.
“Ed ora vieni, andiamo a fare un giro per la sala”.
Salgo e scendo sulla gradinata per quasi 5 minuti, poi lo porto verso il bancone del bar. Riempio con dell’acqua il secchiello del ghiaccio e lo faccio bere come avrebbe desiderato il mio cane.

Seduta sullo sgabello, dondolavo la gamba. “Ehi cane! Ti piace la gamba della tua Padrona?”
“Certo, moltissimo!”. Lo colpisco con il piede, ricordandogli che era un cane e perciò non poteva parlare. “Avvicinati, ora”. Faccio così; due carezze sotto al suo mento, mentre lo accarezzo tra le gambe con la scarpa.
“Se ti piacciono le scarpe della tua Padrona, potresti dimostramelo …del resto, ti manca solo la parola, questo si sa”. Non se lo fa ripetere.Inizia a passare la sua lingua lungo il tacco a spillo.
“Bravo, bene continua … mi piace vederti così!! Ti prometto che, quando avrai finito, avrai una ricompensa”. La sua lingua consuma le mie scarpe, sino ad eccitarmi. Mi diverto, a passare sui miei capezzoli e sopra la sua schiena, il ghiaccio del frigo bar. Vedo i brividi scorrere sul suo corpo e questo mi fa impazzire. “Ora stai fermo. Da bravo, stai seduto su due zampe”.


Mi siedo così, comoda sul bancone, e appoggiando i piedi sugli sgabelli, prendo a fargli vedere cosa sapevo fare con quel frustino. Non mi toglie gli occhi di dosso, la sua bocca quasi sbava. Io inizio a far scivolare il manico del frustino sotto lo string di latex, divertendomi a far schioccare gli elastici del reggicalze, a fargli ricordare che ciò stava vivendo, non era un sogno.
“Ora riprendi da bravo, a leccare”
Riparte così dal piede, ma, preso da un raptus di voglie, si ritrova presto con il viso tra le mie cosce.
“Ehi, ma come osi! Vergognati!”. Lo frusto più volte sulle natiche, per poi dirgli che, forse, ero stata troppo cattiva e che per farmi perdonare, gli avrei permesso di tornare con il suo muso tra le mie gambe. La sua lingua allora raggiunge la mia natura. “E’ bravo”, penso stronzamente. “Persino sprecato, per quella santa donna di mia sorella”.

“Voglio alzarmi, spostati!”. Come una cagna scodinzolo il culo vicino al suo viso.
“Che aspetti? Non mi vuoi?”. Come una furia, le sue mani mi prendono sui fianchi. Mentre lo string stava scivolando a terra, mi giro, mordendo la sua bocca e il suo collo.
Voglioso, finiva di liberare i seni dal bustino, mentre la mia lingua indecente lo cercava, godendo ad ogni suo cedimento.
“Forse mi aveva sempre desiderata”, penso.

Inizio a camminare, di nuovo, portandolo a 4 zampe, verso i divanetti. Metto al centro del salottino di specchi, e lo supplico di fare quel ciò che un cane avrebbe fatto.
Con violenza mi prende. Mi gira con il viso rivolto verso lo schienale. Sento finalmente mordere la mia schiena, il mio collo. Schiaffeggiare il mio culo; sembrava ed ansimava veramente come un cane.

Montandomi come un ossesso, avrebbe voluto dirmi tanto, lo sentivo. Ma sapeva che sarebbe stato peggio. Continuava così, in quel possedermi, sino a sfilarlo, e venirmi sulla schiena.
Era stato bravo, dovevo ammetterlo. Slaccio il suo collare e riprendo a salire la scalinata.
“Vai, sei libero” gli dico, mentre divertita gioco con la frusta.
Eppure…non sono ancora soddisfatta …

Scritto da AnimadellaLupa

Sorella Luna, Fratello Sole

Questo racconto è basato sulla storia di un fratello e una sorella, ritengo
doveroso per correttezza evidenziarlo sin da ora ...




... incredulo si distese su di un fianco, non poteva credere che la donna
che stava chiedendo di toccarla fosse proprio sua sorella, insieme avevano
condiviso tanto, così sarebbe diventato tutto!
Sentiva rintronare nella sua mente le parole di lei, mentre lenta si denudava
senza imbarazzo, si era spogliata mille volte in sua presenza, ma mai aveva
osato dirgli qualcosa di simile - non era stupido, aveva compreso che dopo
la morte del suo compagno non aveva più voluto cercare altri uomini e che
dopo anni trascorsi a procurarsi piacere da sola, aveva necessità di avvertire
calore sul suo corpo. Comprendeva pure che ripiegare sugli amici più stretti
non era per via della sua immagine una buona idea, ma scegliere che
a farle da cavaliere dei sensi fosse lui che era suo fratello lo lasciò strabiliato.


D'impeto avrebbe dovuto girarsi e andarsene, a trattenerlo invece fu l'istinto
animale. Era nonostante gli anni ancora molto bella, ben curata in ogni minuzia.
La bocca carnosa era già di per sè un invito e spesso si era trovato a pensare
che qualsiasi uomo davanti a tanta armonia e morbidezza non sarebbe
stato in grado di restarne indifferente. In quel frangente poi diventava
impossibile visto che per l'eccitazione continuava a passarvi su la lingua e
mordicchiarsi il labbro inferiore di continuo. Allungò così la mano per
accarezzarle il volto, con le dita giocò qualche attimo sulla sua bocca,
mentre avvertiva il corpo di lei serpeggiare sul letto. I capezzoli erano
turgidi come mai ne aveva visti prima, sembravano gridare,
lo imploravano spudoratamente di non fermarsi. Dopo averli sfiorati,
decise di affrontarli con qualche pizzico, e vedendola innarcarsi, iniziò
a stringerli più forte quasi a volerli sbriciolare. Mugolava sotto le sue dita,
ormai non era più in grado di trattersi ed era ovvio volesse altro,
prese così a mordeli, leccarli mentre la sua erezione strusciava famelica
tra le cosce di lei. Slacciò così i pantaloni e come una spada infuocata
iniziò ad avvicinarsi all'incestuoso pertugio ormai dischiuso e pronto ad
accoglierlo. Lento si spinse dentro lei, poi i colpi presero ad essere sempre
più decisi ed intensi, la bocca di lei per l'eccitazione era divenuta ancor
più superba ed invitante e lui non riuscì a nasconderle che desiderava
sentirla anche solo per pochi attimi sulla sua capella.
Non se lo fece ripetere, sguillò sotto il suo corpo e pochi secondi dopo
se ne stava a quattro zampe, a spolpare l'arnese del fratello.
Era davvero un gran pompinara - pensava mentre sentiva il suo glande
sfiorarle l'ugola, per un'attmo avrebbe pure desiderato goderle in gola,
ma il motivo per cui tutto quello era iniziato era che lei aveva necessità
di essere posseduta da un uomo, quindi la girò e dopo averla afferrata ai fianchi
prese a cavalcarla come era doveroso fosse montata una purosangue
come lei ... come loro.


Scritto da AnimadellaLupa